La New Age contemporanea e l'India

 

Consiglio Centrale Sathya Sai Italia (Roma, Novembre 2007)

 

Nata negli anni Ottanta come una forma di divulgazione fra la massa di quel vasto insieme di tematiche, interessi, studi e ricerche sulla spiritualità, l’arte e la cultura “alternative” che fin dall’Ottocento si è risvegliato in Occidente attraverso l’opera della Teosofia, dell’Antroposofia e di tutti quei personaggi e movimenti che possono essere ricondotti sotto il nome di “Età dell’Acquario”, la cosiddetta new age contemporanea è tuttavia presto diventata una forma di banalizzazione, commercializzazione e massificazione di tematiche, insegnamenti e ricerche decisamente più articolate e complesse di quanto comunemente creduto.

In particolare, l’influsso della Teosofia sulla new age, senz’altro decisivo, si è rivelato però ambivalente, e ciò per un insieme di motivi che cercherò brevemente di delineare: da una parte essa ha infatti contribuito in senso positivo a risvegliare in Occidente l’interesse verso lo studio dell’esoterismo, del paranormale, delle religioni comparate, della spiritualità orientale e indiana, arrivando a influire addirittura sulla vita politica e culturale della stessa India, a cavallo fra Otto e Novecento; dall’altra essa ha invece inaugurato la stagione del fai da te in campo spirituale, promovendo fra la massa la diffusione di tecniche - e soprattutto di una mentalità - di tipo individualistico, consumistico, semplicistico e sensazionalistico, che hanno portato a una condizione di dilagante infantilismo, invadenza e superficialità fra i ricercatori spirituali occidentali.

Spinte dall’illusione di essere “maestre di vita”, incarnazioni angeliche, medium infallibili, guaritrici carismatiche e mille altre cose ancora, un’enorme quantità di persone ha inondato l’Occidente di libri, corsi, conferenze, filmati, musiche di tutti i tipi e su ogni argomento, creando così non solo un fiorente “mercato dell’anima” ma anche e soprattutto un gigantesco ingorgo mentale, psichico ed emotivo, in cui tutti si sentono di dire la loro attraverso una serie di affermazioni a ruota libera, del tutto inverificabili e non di rado a carattere manipolativo.

Questa situazione di caos deriva direttamente, a mio parere, da quello che potremmo chiamare l’errore teosofistico, che ha creato in questo campo numerosi danni collaterali: voglio precisare che con questo termine non intendo riferirmi tanto alla Società Teosofica in quanto tale (anche se molto ci sarebbe da dire a riguardo), quanto piuttosto mettere in guardia rispetto alla diffusione di un’interpretazione individualistica, autoreferenziale e superficiale della spiritualità qual è quella diffusa attraverso il principio secondo il quale ognuno è maestro di se stesso.

Gli effetti di tale concezione nella massa si manifestano, ad esempio, attraverso la diffusione del channeling indiscriminato, del consumismo spirituale (il cosiddetto guru-shopping), della banalizzazione degli insegnamenti tradizionali e soprattutto di una forma di infantilismo “esoterico”, che porta una grande quantità di individui a compiere affermazioni del tutto aleatorie e inverificabili, entrando più o meno pesantemente nella sfera altrui nel tentativo di dare consigli non richiesti, rivelazioni degli spiriti guida o chissà cos’altro.

Pur senza negare l’esistenza di forze, presenze, entità o mondi superiori, inferiori o paralleli al nostro, né la possibilità di ricevere messaggi o comunicazioni di tipo medianico, né l’esistenza di fenomeni paranormali, né tantomeno il valore della ricerca esoterica o delle religioni orientali - prime fra tutte quella indiana -, con queste riflessioni vorrei tuttavia evidenziare quanto infantili e pericolose possano essere le deviazioni della new age contemporanea rispetto a una seria, profonda e motivata ricerca spirituale occidentale che pure accetti e faccia proprie quelle stesse tematiche da essa trattate.

E’ infatti proprio la serietà e l’importanza di queste tematiche a richiedere un’operazione di riassestamento, di riallineamento e di riorientamento dell’intero spiritualismo occidentale contemporaneo, affinché sfugga all’abbraccio mortale con l’errata concezione della modernità - e della stessa tradizione - che ci deriva dalla banalizzazione operata in questo campo da questo tipo di cultura new age di stampo anglosassone.

Così, mentre ad esempio si rifiutano come “dogmatici” gli insegnamenti della tradizione cristiana, in quanto oscurantisti e autoritari, dall’altra, come s’è detto, si accettano come “rivelate” le mille affermazioni, del tutto inverificabili, dei sedicenti veggenti, canalizzatori, medium, sciamani, profeti, di cui il mondo new age è pieno. E questa tendenza “proiettiva” si ritrova anche nel rapporto con l’Oriente in generale, e con l’India in particolare: ogni cosa che abbia un sapore esotico, orientale o solo vagamente misterioso diventa in Occidente oggetto di culto e di adorazione, attraverso una sorta di proiezione collettiva di massa.

Con questo non voglio del resto negare l’enorme valore che la spiritualità orientale, e specificatamente indiana, ha per l’Occidente, né sottovalutare l’importanza di questa tradizione (innanzitutto vedica) per la conoscenza e la diffusione dei principi immortali del Sanatana Dharma nel mondo contemporaneo: voglio semplicemente mettere in guardia i ricercatori seri dall’accettazione di mere forme di imitazione o di importazione dall’Oriente, che non solo non portano a nulla ma che addirittura ci sviano dal vero lavoro necessario, cioè quello del recupero e della rielaborazione nella società contemporanea dei valori tradizionali occidentali, riscoperti attraverso la spinta a noi derivata dalla grande spiritualità indiana e alla luce dei suoi immortali insegnamenti.

Il nostro compito, infatti, non è l’imitazione o l’importazione dall’Oriente ma la rinascita dell’Occidente, compiuta attraverso l’esempio, la testimonianza e l’impulso che ci provengono da quell’unico popolo che non si è mai arreso (secondo le parole di Subash Chandra Bose, il grande leader nazionalista dell’India moderna) e cioè il popolo indiano: l’India è infatti importante per noi in quanto il suo è il popolo che, di fronte all’azione distruttrice che il “mondo moderno” sta portando avanti da secoli ai danni delle forme di spiritualità e di religiosità tradizionali, “non si è mai arreso” (almeno finora...). E nello stesso tempo l’India è anche la più grande democrazia dell’Asia e del mondo intero, segno che è possibile, oltre che auspicabile, unire fra loro passato e presente, tradizione e innovazione, Oriente e Occidente per dar vita così a un futuro migliore, in mezzo a tanto sconforto e disperazione diffusa.

Facciamo attenzione dunque a “comprare” indiscriminatamente dall’Oriente in quanto tale, ad avvalorare comportamenti proiettivi, sentimentalistici, emotivi e superficiali secondo i quali “tutto fa brodo”, “tutto va bene”, “tutto è uno”, a passare allegramente da un guru all’altro, a mischiare fra loro ogni cosa, trasformando in un minestrone caotico, indiscriminato e informe quella che invece dovrebbe essere un’onesta, seria e centrata ricerca spirituale interiore: perché è proprio questa la strada che il materialismo contemporaneo ha intrapreso per assestare l’ultimo e più micidiale colpo a quel che resta delle antiche tradizioni spirituali del passato - banalizzare tutto, relativizzare ogni cosa, trasformare in un supermarket dell’anima la spinta e l’aspirazione profonda dell’umanità contemporanea verso una vita più alta e verso un mondo migliore.

Roma, Novembre 2007