Questa rubrica contiene articoli e interventi miei o altrui a carattere culturale, artistico e spirituale, volti a definire dei possibili spunti di ricerca e di riflessione nei diversi campi del pensiero umano, come una sorta di pars costruens intorno ad argomenti di particolare interesse, in essa variamente rappresentati: i miei sono firmati tramite data e indirizzo web a fondo pagina, gli altri hanno l'indicazione dell'autore o del sito relativo subito dopo il titolo.

L'importanza della cultura e dell'arte nella ricerca spirituale del nostro tempo appare del resto centrale per la formazione di una coscienza individuale e collettiva, poiché ci fornisce un'immagine chiara di ciò che pensano, dicono o fanno gli esseri umani intorno a noi: dopodiché, fermarsi a tal punto e accontentarsi di ciò può essere inutile e fuorviante, poiché ci dà l'illusione che una comprensione mentale della realtà sia di per sé sufficiente a cambiarla - il che non è vero, come ben tutti sappiamo.

Ma senza un'analisi a monte e uno studio condotto anche sul piano intellettuale non è comunque possibile andare molto lontano, perché si rischia di rimanere inchiodati a banalità di ogni tipo, di cui il nostro tempo è un esempio: quindi è auspicabile unire fra loro la mente e il cuore, la fede e la scienza, l'intuizione e il pensiero per dedicarci umilmente alla ricerca interiore, senza pregiudizi né veti posti a sbarrarci la strada.

E' questo infatti lo scopo di questa rubrica: per essere pronti ad agire, quando il momento verrà.

L'unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azioni. (Ezra Pound)

Roma, 13 Settembre 2013

www.pierluigigallo.org

Le origini del Sikh Dharma

Categoria: Risonanze Venerdì, 27 Giugno 2014 Scritto da Kundalini Yoga Sanghat Stampa Email

O Spada, che tagli e colpisci, che abbatti gli eserciti dei malvagi, bellissima in battaglia,
tu dai la forza.

Arma inarrestabile, terribilmente veloce, la tua luce è più splendente di tutta la gloria del sole.
Tu doni la pace ai santi, distruttrice d’ignoranza, tu rimuovi i peccati, tu mia speranza e protezione.
Gloria, Gloria al Creatore del mondo, liberatore di tutta la creazione, mio protettore,
Gloria alla Santa Spada.

(Jay Tegang, preghiera sikh)

Il Sikh Dharma (Dharam, in hindi), l’ultima grande religione indiana, sorse verso la fine del XV° secolo attraverso la predicazione di Guru Baba Nanak.

La penisola indiana a quel tempo viveva un periodo di decadenza spirituale durante il quale si erano affermate tra la popolazione tendenze ritualistiche e un approccio formale e grossolano alla spiritualità. Si era infatti affermata una visione di grandezza mistica basata sulla capacità del singolo individuo di manifestare poteri occulti sugli eventi naturali piuttosto che sulla capacità di vivere secondo i più alti valori umani e una saggezza applicata alla conoscenza.

Da un punto di vista storico il Sikh Dharam si sviluppò parallelamente all’affermazione militare ed economica della dinastia Moghul. Dalla distruzione del sultanato di Delhi ad opera di Babur, “la tigre”, che sconfisse il sultano Ibrahim nel 1526 a Panipat, e con vittoria riportata sull’esercito rajput a Khanwa un anno dopo e sulle forze indo-afgane di Himu, sempre nei pressi di Panipat nel 1556, la dinastia Moghul si affermò in quasi tutta la penisola indiana per circa duecento anni.  

Gli imperatori Moghul sono spesso conosciuti come condottieri e strateghi militari, ma furono anche grandi costruttori di città e mausolei. Alcuni membri di questa dinastia, si pensi all’imperatore Akbar o al principe Dara Shiko, furono anime illuminate mentre altri si distinsero per intolleranza e ferocia.

La storia dei sikh può essere vista come quella della nascita dell’ultima religione indiana, mentre la storia dello scontro fra i sikh e l’impero moghul può essere letta come il conflitto fra una religione egualitaria e libertaria e uno stato islamico, gerarchico e oppressivo”. (M.Torri, Storia dell’India, pag. 299-300).

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Le ragioni di questo conflitto sono molteplici e ovviamente di diversa natura: sicuramente la visione di fondo della natura umana insita nel Sikh Dharma si scontrava con l’ambizione di imperatori e raja che tendevano a consolidare uno stato sociale basato sulla disuguaglianza dei diritti delle persone. Nella filosofia del Raja Yoga affermata dai Gurusikh ogni essere umano nasce nel segno di una regalità che è attributo divino, sancisce il diritto alla libera espressione della originale creatività di ciascuno e implica un destino di realizzazione nella felicità. Inoltre i sikh, dall’istituzione dell’ordine del Khalsa ad opera di Guru Gobind Singh nel 1699, si attribuirono gli appellativi di Singh per gli uomini e di Kaor per le donne: il primo significa”leone”, il secondo “principessa” o “Signora”. Sono appellativi che sottintendono regalità e, specialmente il termine Singh, venivano utilizzati dai regnanti dell’epoca.

Un’altra ragione è che i sikh, pur riconoscendo l’autorità imperiale, dichiaravano apertamente di obbedire prima di tutto all’Hukam, l’ordine divino derivato dai Guru stessi e, via via che venivano raccolte nell’Adi Granth prima e nel Siri Guru Granth Sahib successivamente, dai mantra e dal messaggio contenuti nei canti del Testo Sacro. La determinazione, lo spirito di libera condivisione, la fierezza e la consapevolezza della natura dell’essere umano dei sikh risultarono dunque sempre più insopportabili ai gestori del potere centrale, specialmente agli imperatori più intolleranti e sanguinari della dinastia Moghul, alle caste privilegiate e ai raja indiani.

La visione egualitaria dei sikh portò del resto velocemente a uno sviluppo economico di una classe di contadini che divennero proprietari dei loro terreni e in molti casi alla creazione di grandi latifondi. I sikh versavano spontaneamente dei tributi ai Guru e nei luoghi di culto, secondo quella che diventerà la pratica del Dasvand, che li utilizzavano per il Langar, la condivisione gratuita del cibo con chiunque ne facesse richiesta semplicemente sedendosi nelle mense, per la costruzione di edifici e luoghi di culto e per l’acquisto e la produzione di armi. Le fortune economiche e le legittime ambizioni di riconoscimento dei sikh, pur rimanendo in un ambito pacifista, divennero infatti oggetto di invidia e sospetto per tutti coloro che tendevano a mantenere uno status di sprezzante privilegio.

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Può apparire strano che una religione possa aver creato una struttura militare, anche se non si può definirla un esercito regolare, e questo forse ancor di più per la visione non-violenta che noi occidentali abbiamo delle religioni indiane. Bisogna però considerare che alcuni imperatori Moghul si distinsero per la loro ferocia sanguinaria nel tentativo di convertire i sikh e piegarne la fede nei principi del Dharam, la fierezza e la coscienza. In questo contesto, consapevoli del loro destino, un numero elevatissimo di sikh affrontò il martirio pur di non abiurare il loro credo. La storia delle origini del Sikh Dharam diventò anche la storia di un’interminabile genocidio portato avanti con inaudita ferocia. Non solo la Sangat, cioè la Comunità dei devoti, fu oggetto di tali azioni, ma per ben due volte, il primo fu Guru Arjan al quale molti anni dopo seguì Guru Tegh Bahadur, i Guru andarono spontaneamente al martirio per testimoniare con il loro esempio la forza del messaggio universale del Dharam.

Fin dai tempi di Guru Nanak, il fondatore del Sikh Dharam, i sikh vennero esortati infatti a intraprendere un cammino di condivisione e di compassione e ancora oggi la comunità esorta a difendere l’onore e la dignità di qualunque essere umano, indipendentemente dal suo credo, che venga fatto oggetto di qualunque tipo di sopruso e vessazione. Con questi presupposti si arrivò al punto che Guru Hargobind Singh pose fine a questa situazione dichiarando plausibile la difesa della comunità attraverso l’uso delle armi.

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La nascita del Sikh Dharam non ha una data definita anche se, come in altre religioni, viene festeggiato un evento saliente della storia della comunità che riassume in maniera essenziale il processo di definizione identitaria. Questa celebrazione cade per i sikh il 13 aprile, il primo giorno del mese di Baisakhi del calendario indiano: ricorre infatti in questo giorno del 1699 l’istituzione della cerimonia dell’Amrit, il battesimo sikh, e l’istituzione del Khalsa, la Comunità dei Puri, da parte di Guru Gobind Singh, il decimo Guru. In quell’occasione il Guru passò definitivamente la leadership del Dharam al testo sacro chiamato Siri Guru Granth Sahib.

Ma, se è vero che il Dharam viene enunciato in maniera definitiva dall’evento del Bhaisaki 1699, esso prende il via con un evento che avviene duecentotrenta anni prima: la comparsa sulla scena spirituale indiana di Guru Baba Nanak. Nato nel 1469, manifestò fin dall’infanzia quelle doti straordinarie che lo hanno reso così popolare in India, al di là dell’appartenenza al Sikh Dharam. Tanto universale si dimostrò già nell’arco della Sua esistenza che fin dai primi decenni della Sua predicazione si cominciò a parlare di Nanak Panth, definendo così un sentiero mistico che trovava eco nei cuori sia degli appartenenti alla variegata comunità induista sia dei devoti musulmani.

Il fondatore del Sikh Dharam tracciò così una linea filosofica e di condotta che ha come obiettivo la definizione di un'esistenza terrena che, senza alcuna rinuncia agli aspetti esistenziali dell’essere umano, permetta di vivere in maniera tale da trasformare ogni azione in un momento vivificante e trascendentale. Il suo impegno iniziale fu rivolto verso una conciliazione tra i diversi sentieri spirituali e tra le due religioni più diffuse all’epoca, l’induista e la mussulmana, basata sull’idea di una fonte universale comune dalla quale sgorga ogni visione spirituale particolare: a questo proposito al mantra Onkar fece precedere il carattere Ik, che indica il numero uno. Il mantra Ik Onkar apre infatti il Japji, la composizione più famosa di Guru Nanak, enunciata nel momento della Sua estasi suprema.

Ma la Sua attenzione si rivolse contemporaneamente nello smascherare ogni forma di idolatria e falso misticismo, combattendo pacificamente contro il vuoto ritualismo e gli stereotipi della spiritualità. Prese di mira anche le caste di religiosi, evidenziandone la tendenza manipolativa, e affermò una mistica senza clero. Si batté incessantemente per la causa della giustizia sociale e azzerò le differenze di casta.

Si venne a creare così un grande movimento spontaneo e trasversale, che si identificava nella predicazione di Guru Nanak, che sceglieva di rompere l’assedio con il quale le false dottrine o le loro mistificanti e mortificanti interpretazioni tenevano in pugno da tempo immemore la società indiana. L’individuo, libero dai complessi e dai sensi di colpa generati dall’interpretazione grossolana del sistema delle caste e svincolati da visioni riduttive volute dai poteri forti della società, poteva aspirare così a una vita migliore, in cui la fratellanza e la condivisione, uniti con la consapevolezza della presenza in ciascuno della Coscienza Spirituale Universale, avrebbero rivoluzionato ogni singola relazione umana.

Il movimento, seguendo il messaggio di Guru Nanak, mise quindi al centro dell’esistenza la Verità Suprema e il canto di questa, denominato Sat Nam, nonché il diritto di ogni singolo individuo di godere una esistenza giusta e della gioia dell’estasi, Wahe Guru.

Hari Simran Singh,
http://www.yogasangat.it/sikhdharma_origini.htm