Questa rubrica contiene articoli e interventi miei o altrui a carattere culturale, artistico e spirituale, volti a definire dei possibili spunti di ricerca e di riflessione nei diversi campi del pensiero umano, come una sorta di pars costruens intorno ad argomenti di particolare interesse, in essa variamente rappresentati: i miei sono firmati tramite data e indirizzo web a fondo pagina, gli altri hanno l'indicazione dell'autore o del sito relativo subito dopo il titolo.

L'importanza della cultura e dell'arte nella ricerca spirituale del nostro tempo appare del resto centrale per la formazione di una coscienza individuale e collettiva, poiché ci fornisce un'immagine chiara di ciò che pensano, dicono o fanno gli esseri umani intorno a noi: dopodiché, fermarsi a tal punto e accontentarsi di ciò può essere inutile e fuorviante, poiché ci dà l'illusione che una comprensione mentale della realtà sia di per sé sufficiente a cambiarla - il che non è vero, come ben tutti sappiamo.

Ma senza un'analisi a monte e uno studio condotto anche sul piano intellettuale non è comunque possibile andare molto lontano, perché si rischia di rimanere inchiodati a banalità di ogni tipo, di cui il nostro tempo è un esempio: quindi è auspicabile unire fra loro la mente e il cuore, la fede e la scienza, l'intuizione e il pensiero per dedicarci umilmente alla ricerca interiore, senza pregiudizi né veti posti a sbarrarci la strada.

E' questo infatti lo scopo di questa rubrica: per essere pronti ad agire, quando il momento verrà.

L'unica cultura che riconosco è quella delle idee che diventano azioni. (Ezra Pound)

Roma, 13 Settembre 2013

www.pierluigigallo.org

Ritorno alle origini e contromodernità

Categoria: Risonanze Mercoledì, 29 Aprile 2015 Scritto da Monique Borie Stampa Email

UNA RIFLESSIONE CONTROCORRENTE SULLA FIGURA E L'OPERA DI ANTONIN ARTAUD *
di Monique Borie

E io voglio con il geroglifico di un soffio ritrovare un'idea del teatro sacro (Artaud)

Il ritorno alle origini era, (…) secondo Artaud, il solo percorso possibile. Non si trattava affatto di pessimismo o di archeologia e neppure di un primitivismo sommario. (…) Era questa, per Artaud, l'unica risposta possibile a una crisi del teatro inserita in quella più ampia di un'intera cultura: la restituzione della verità della vita e del potere del linguaggio necessita una rottura – che il ritorno alle origini radicalizza – con la cultura dominante.

(…) Le culture delle origini sono garanti [infatti] di una scienza salvaguardata, di quel sapere segreto che costituisce, per lui, l'unità degli esoterismi e fonda una cultura diversa diretta contro la razionalità riduttiva e separatrice della cultura occidentale ufficiale. Vigilanza culturale di una tradizione occulta che mantiene, in qualche modo, la bellezza di una visione magica del mondo.

(…) "Pensare l'esoterico come qualcosa di irrazionale e di frastornato è una prospettiva sociologica superata" (Edward Tiraykian, "Esotérisme et exotérisme en sociologie", in Cahiers internationaux de sociologie, LII, 1972, p.50). Bisogna interrogarsi, al contrario (…), sul senso e sulla portata di quella rivendicazione dell'occulto quale origine dell'esperienza immaginaria e, al contempo, quale vera cultura alternativa.

Contro il pensiero separatore di una cultura scientista e razionalista, Artaud si richiama proprio a quel valore di vigilanza culturale del quale investe ogni tradizione rimasta prossima alle origini. (…) Vigilanza che è anche quella del poeta veggente, guardiano di un segreto sulla conoscenza dei principi delle cose. E forse, quando Artaud ha rotto con i surrealisti, è stato innanzi tutto perché riallacciandosi alla logica materialista della cultura dominante essi rinunciavano a questa vigilanza.

(…) La risposta apportata da Artaud, al di là della crisi del teatro, alla crisi della coscienza moderna, può essere posta a fianco di quelle di Nietzsche e di Bataille, il favore o l'indulgenza dei quali, (…) vanno alle religioni pagane. Artaud è, in ogni caso, tra coloro che – come Nietzsche o Bataille – in rottura con la religione istruita, si sono appellati a quella diversa "antropologia" (…) che è l'antropologia pagana.

(…) Se il pensiero pagano può essere attuale è [infatti] in quanto costruzione di una visione del mondo in cui l'individuo definisce diversamente la sua identità attraverso le sue relazioni con gli altri, con il mondo, con le forze invisibili che vengono chiamate dèi. Una costruzione che, orientando lo spazio e il tempo, conferisce senso e limite alla pratica umana, ristabilendo così tutta la forza del simbolico.

(…) Il tentativo di Artaud si può inserire [dunque] nel movimento di ciò che Georges Balandier chiama la "contro-modernità" – quella contro-cultura destinata a un rovesciamento dei valori, attraverso la quale si tenta di sistemare uno spazio in cui sia possibile un altro rapporto con se stessi, con gli altri e con la natura.

(…) Il teatro come messa in opera di un'altra concezione della persona nell'ambito di un rapporto diverso con il mondo e di una pratica differente del linguaggio: tale è [infatti] la rivendicazione d'Artaud. Essa implica il richiamo a una logica diversa, quella logica magico-religiosa che comprende una visione unitaria che non separa i piani della realtà (né nell'uomo, né nell'universo, né nel passaggio dall'invisibile al visibile) da una rappresentazione della forza (presente nel linguaggio come nelle cose come nell'uomo stesso).

Una logica simile, ricorda Artaud, è esistita nel passato perduto della tradizione occidentale, o si è mantenuta nel suo versante segreto ed esoterico, ma, soprattutto, continua a restare viva nelle culture orientali o nei territori amerindiani, rimasti più vicini alle origini. Se Artaud si richiama al passato perduto o ad altrove culturali è [dunque] proprio per fare del teatro uno strumento di contro-cultura. (…)


Monique Borie, Antonin Artaud. Il teatro e il ritorno alle origini,
Nuova Alfa Editoriale, Bologna 1994

* In questo interessante studio la figura di Artaud viene presentata come un esempio - più unico che raro - di intellettuale rivoluzionario a 360°, in cui lo slancio profetico del suo pensiero, tipica espressione della corrente surrealista cui apparteneva, si coniuga con un deciso ritorno alle radici tradizionali delle culture antiche ed extraeuropee, secondo una concezione peraltro del tutto estranea all'impostazione progressista del surrealismo coevo che lo portò a rifiutare la svolta marxista compiuta da Bréton - e da questi imposta al movimento surrealista francese - per spostarsi invece su posizioni decisamente antimoderne, che lo avvicinarono al pensiero e all'opera di René Daumal e di René Guénon e che gli valsero, per questo, la definitiva espulsione dal movimento surrealista. (PGZ)