Questa rubrica contiene articoli e interventi miei o altrui a carattere sociale, politico e di attualità, volti a evidenziare e smascherare le mille forme di condizionamento e di manipolazione cui siamo quotidianamente sottoposti, costituendo in tal modo una sorta di pars destruens rispetto alle concezioni e alle idee espresse nella precedente sezione, di cui rappresenta il complemento e l'antitesi, come una sorta di Ombra.

Il navigatore attento non mancherà di trovarvi pensieri e posizioni anche piuttosto antitetici o contraddittori fra loro, secondo un principio di trasversalità intellettuale che ha caratterizzato negli anni la mia ricerca e i miei studi, nonché i molteplici incontri e contatti con personaggi diversi, provenienti da parrocchie e ideologie contrapposte ma tutti animati da un'aspirazione reale e sincera comune.

Questo spiega quindi, in qualche modo, la fondamentale eterodossia di questa rubrica, nonché la sua stessa ragion d'essere: scardinare le coscienze - prima di tutto la mia - per giungere così, forse un giorno, a quella "terra di nessuno" priva di ogni certezza dove ciascuno può ritrovarsi solo di fronte a se stesso e alla verità delle cose.

Può sembrare poca cosa, di fronte alla complessità del reale: ma poiché prima o poi abbandoneremo tutti questo pianeta, meglio prepararci fin d'ora a separarci anzitutto dai nostri schemi mentali.

Ieri, mentre fremevo disperato in mezzo alla strada, inchiodato al suolo, una goccia di pietà cadde dall'alto sul mio viso; non un alito di vento nell'aria, non una nube in cielo… c'era soltanto una presenza. (André Schwartz-Bart, L'ultimo dei giusti, Parigi 1959)

Roma, 13 Settembre 2013

Pinocchio ha ucciso Geppetto

Categoria: Dissonanze Venerdì, 10 Giugno 2016 Scritto da Cleomelia Stampa Email

COSTRETTO A SCEGLIERE FRA LUI E LA FATINA, IL BURATTINO HA SACRIFICATO LA MENTE PER SALVARE IL CUORE *

Chi bussa alla porta?

In piena notte bussano alla vostra porta: è un bambino sconosciuto. E' disperato perchè non riesce a trovare il padre. Dice di chiamarsi Pinocchio.

Pinocchio. La storia di un bambino vero che non voleva diventare un burattino

Sono quasi le due di notte, come spesso mi capita sono insonne e fisso le luci della notte che si proiettano sul soffitto, ad un tratto lo squillo del campanello mi fa sobbalzare.

Mi trascino alla porta di casa, con un'emicrania incipiente, dallo spioncino vedo un bambino sugli otto anni con il volto abbassato, si guarda le scarpe e trema per i singhiozzi.

Apro la porta «Ehi, che succede?»

«S-salve, scusi il disturbo, ma non trovo più mio papà! Non so che fare!»

«Dai, sù vieni, entra! Vuoi una cioccolata? Siediti e dimmi cos'è successo»

«Va bene grazie» dice con la vocina ancora tremante.

Deve essere il bambino che abita nell'appartamento di fronte al mio. L'avevo già visto passare ogni tanto, sempre con la cartella in spalla e sempre vestito con una strana salopette fuori moda.

«Mi chiamo Pinocchio» dice prima di sedersi


«Ciao Pinocchio, io sono Carlotta, piacere... Mh Pinocchio?» mi fermo interdetta «Che coincidenza, era la mia storia preferita quando ero piccola, piaceva anche ai tuoi genitori?» Non è la frase giusta da dire, perché gli occhi del bambino grandi e lucidi si allagano. "Oh no, oddio che faccio?" Mi sento come di fronte a una diga che sta per esplodere, devo arginare i danni ma non so cosa dire, non sono pratica coi bambini.

«Sù, sù dai non piangere! Fa' un bel respiro, calmati e dimmi quello che ti è successo». Metto sul fuoco il pentolino con il latte da scaldare, noto che trema visibilmente e tiene un braccio stranamente piegato al petto. «Aspetta ti dò una coperta, così ti scaldi un po'»

Prendo la trapunta appoggiata sul divano, torno in cucina e provo ad avvolgercelo ma lui sussulta e si ritrae quasi con uno scatto involontario, «Non voglio farti del male, Pinocchio, tieni» Allora, un po' più tranquillo , si mette sulle spalle la coperta, vedo che usa solo una mano per svolgere tutte le operazioni. «Cosa hai fatto al braccio?»

«Oh, nulla, me l'ha fatto il mio papà perché il braccio di prima non funzionava bene»

«Oh, Oddio, mi spiace Pinocchio.» Gli passo una mano sulla fronte: «Allora vuoi dirmi cosa è successo?»

Dice : «Non so dove sia finito il mio papà» gli si rompe la voce «Sono tornato da scuola e di solito lo trovo al laboratorio a lavorare su qualche progetto, sai è un falegname e fa sempre delle costruzioni bellissime con il legno. Be' quando sono tornato oggi a pranzo non c'era, allora ho provato a chiamare la nonna ma lei mi ha detto che non sentiva papà da almeno una settimana, allora sono sceso al bar per vedere se fosse lì con i suoi amici, ma non c'era neanche lì. Ho pensato che fosse uscito per fare scorta di legno allora sono tornato sù a casa, ho fatto i compiti, ho aspettato tutto il pomeriggio, ho mangiato quello che ho trovato in dispensa, morivo di fame, ma ad un certo punto mi sono addormentato. Mi sono svegliato dieci minuti fa e l'ho cercato ma ancora non è tornato. Ho paura, non so dove sia finito! Posso restare qui con lei?» Quando pronuncia queste ultime parole scoppia di nuovo a piangere.

«Puoi restare qui finché il papà non torna» Non so bene nemmeno io cosa fare,tuttavia, lo sguardo mi cade sulla sagoma della protesi sotto la coperta. «Ma quindi il tuo papà, che fa il falegname, ha costruito la protesi per te, perché hai perso il braccio?»

Gli chiedo. Riflette un istante, un pensiero sembra corrergli da una parte all'altra della fronte, poi mi risponde: «Sì, esatto, mio papà mi ha costruito questa protesi, perchè il braccio di prima non funzionava bene »

«Mh, d'accordo» Questa storia del mal funzionamento del braccio getta nella mia coscienza un sospetto che non riesco a decifrare. «Posso vederlo?» Gli chiedo presa da una curiosità quasi morbosa «Mh ma ancora non è guarito, non farmi male!».

«Non ti preoccupare» gli dico, e lui tira fuori il braccio da sotto la coperta: è di una foggia perfetta, il legno è lucidissimo e le dita sono intagliate con precisione artistica, mi rendo conto ad un certo punto che la mano ha un sussulto, un dito si muove, fa uno scatto breve quasi impercettibile ma molto più naturale di quanto potessi immaginarmi.

Pinocchio ritrae la mano in fretta sotto la coperta, dice «Mi fa male, meglio se lo tengo a riposo, sono così stanco, vorrei dormire un pò...» fa un tentativo un po' goffo di stirarsi con un braccio solo, così facendo però, la coperta scivola via e cade ai suoi piedi. Mi abbasso per prenderla evedo che dai pantaloni escono due protesi anch'esse di legno pregiatissimo. Mi rialzo di scatto, ho il cuore che mi martella nelle tempie e sento le guance che si surriscaldano.

«Pinocchio, caro, sai cosa facciamoora? Un'avventura! Adesso io e te ci mettiamo a cercare il tuo papà! Che ne dici?»

«V-va bene, se non è un disturbo per lei»

«Nessun disturbo, tranquillo. Mi faresti entrare a casa, vediamo se ha lasciato detto qualcosa, magari ci ha lasciato tanti piccoli indizi che dobbiamo ricostruire..»

Non sembra molto convinto, si intristisce un po' e poi fa sì con la testa, mentre gli occhi si bagnano di nuovo. Il sospetto dentro di me si fa più grande. Spengo il fornello e mi porta a casa sua.

Entriamo. L'appartamento sembra un museo: tutto è cristallizzato, in perfetto ordine. Il parquet sul pavimento sembra dello stesso legno delle protesi di Pinocchio, a dire il vero tutti i mobili sembrano fatti dello stesso materiale e intagliati dalla stessa mano. «È proprio bravo tuo papà come falegname», mi azzardo a dire. «s-sì» il ragazzino sembra sempre più teso, ogni secondo che scandisce la nostra presenza nella casa. C'è un'atmosfera opprimente, mi sento quasi male a stare lì dentro.

Faccio un giro veloce della casa, magari trovo davvero qualcosa. Ci sono due stanze, il bagno, il salotto su cui dà l'entrata e la cucina; l'appartamento ha una pianta semplice, circolare, è piccola ma ben gestita. Mi avvicino infine alla cucina. È pulita e in perfetto ordine come il resto della casa, ma c'è una tazza da tè abbandonata nel lavandino, vuota. Poi scorgo una porta vicino al frigorifero di fronte a noi, è socchiusa. Pinocchio sussulta quando vede che sto andando alla porta «È solo il laboratorio di papà» dice con un tono più alto del normale «Non c'è nulla di particolare». Ancora più incuriosita, entro nella stanza, quello che vedo è sbalorditivo: tutto è di legno, anche le pareti sono ricoperte di assi di legno; c'è un piano da lavoro con sopra una piccola protesi, sembra una mano di bambino. Alzo lo sguardo e realizzo che le pareti sono costellate di protesi di varie dimensioni, vi sono appesi anche progetti e schizzi di parti anatomiche, le immagini sono inquetanti. A parte questo la stanza sembra vuota, tutto in ordine, ma poi mi accorgo che una scarpa emerge dalla mia visione periferica: è abbandonata accanto all'unica parete di muratura; poco sopra all'altezza di un metro e mezzo c'è uno sportello chiuso. “È un forno!”. Mi avvicino e cerco di aprirlo.

«No!» grida Pinocchio. Qualcosa vi è rimasto incastrato, forse un pezzo di stoffa. Pinocchio sta urlando qualcosa, ma non lo sento, una consapevolezza terrificante sì fa spazio dentro di me. Lo apro: cenere, pezzetti di stoffa, framenti di qualcosa. Un dente. Rimango paralizzata per degli attimi eterni. Poi una scossa di adrenalina mi sveglia.

Torno indietro, rivolto tutti i cassetti: foto di carne dissezionata, foto di gambe prima umane poi di legno, foto di patchwork su esseri viventi sembrano cadermi addosso. Controllo nella spazzatura, non trovo nulla. Vado in cucina e guardo anche lì nel cestino, qui c'è la scatola di un medicinale, sonniferi, come pensavo. La prendo. Corro in bagno e apro tutti i cassetti e le ante che ho a tiro, finché non trovo quello dei medicinali, afferro tutti i sonniferi che trovo. Poi torno al laboratorio e scaglio tutto nel forno: la scarpa, i sonniferi, le foto dell'orrore e le protesi. La stanza ora è vuota. Il forno acceso. Mi abbasso, prendo Pinocchio tra le braccia che singhiozza e trema violentemente.

«Sei al sicuro ora».

Cleomelia, 11 Gennaio 2015
http://www.writersdream.org/forum/forums/topic/24342-mi-55-pinocchio-la-storia-di-un-bambino-vero-che-non-voleva-diventare-un-burattino/

 

* Manipolati, manipolatori e manipolazioni di massa: che siano mediatiche, politiche o informatiche, la vera moda del nostro tempo è fare a gara a manipolare il prossimo. 
E allora succede, magari, che anche Pinocchio decida di ribellarsi a Geppetto, se questi ha deciso - com'è paradossalmente descritto in questo racconto un po' dark - di trasformare il bambino in un burattino a comando, duttile e servizievole nelle sue mani di mago.

Sacrificando la mente, purtroppo, ma salvando così almeno il cuore e l'indipendenza interiore, anche a costo della propria vita: un messaggio sottile per i manipolatori seriali che ci circondano. (PGZ)